MUSEO CIVICO INSTEIA POLLA

La Storia dell'Abito Tradizionale Pollese

“Frattanto le donne di Sala, Polla e Padula hanno riputazione di regolarità di forme, di bellezza e vivacità. Esse hanno foggie di vestire particolari, sopratutto per le gonne, che amano di sopraccaricare di pieghe”

Petagna – G. Terrone – M. Tenore, Viaggio in alcuni luoghi della Basilicata e della Calabria citeriore, effettuito nel 1826

Museo civico Insteia Polla

L’abito tradizionale di Polla un po’ di Storia

Osservando uno qualsiasi degli abiti esposti nella «Rassegna Permanente delle Antiche Vestiture Pollesi» si viene trascinati immediatamente in un immaginario fatto di Meridione, piccole donne laboriose, antichi riti e tradizioni centenarie.

In un quadro prettamente analitico, la vestitura pollese si inserisce all’interno delle vestiture tradizionali dell’area calabrolucana con le quali conserva molte affinità formali e lessicali. Ma è possibile rinvenire una storia tutta pollese per l’abito del nostro paese? E se sì, come?

Semplice! Con la storia dell’arte!

Polla ha una storia lunghissima, che parte almeno dal Neolitico, coi primi insediamenti nella Grotta di Polla, attraversa compiutamente la prima Colonizzazione greca, l’Epoca romana e il Medioevo, fiorisce nel Seicento e prospera fino ai giorni nostri.
Ad osservare bene i drappeggi dell’abito, il rimando con il mondo classico è pressoché immediato. A conferma di questa prima impressione, ci vengono in aiuto numerosi reperti archeologici ed artistici, di cui presentiamo i più importanti.

In un’edicola funeraria proveniente dall’antica Tegianum ed attualmente posta su un muro esterno della attuale Cattedrale, raffigurante una coppia cinta in un abbraccio, l’abbigliamento della donna presenta i primordi dell’abito tradizionale locale. Gli elementi dell’abito romano, tunica, stola e palla, rimandano direttamente alla camicia, alla gonnella, al corsetto e al copricapo.

Museo civico Insteia Polla

Il busto di un’edicola funeraria proveniente dal Campus Atinàs, – la parte meridionale dell’odierno Vallo di Diano che inizia da Àtena Lucana; il territorio di Polla era invece compreso nell’Ager Volceianus, nella giurisdizione di Buccino –, rappresenta una figura femminile sulla quale la stola è fermata, immediatamente sotto il seno, dal cosiddetto nodus Hercŭlĕus della cintura, un nodo, elaborato ed altamente simbolico, che indica che la donna ha contratto matrimonio. Immediato anche in questo caso il rimando all’abito pollese, in cui uno dei simboli del passaggio dalla condizione di nubile a quella di coniugata è rappresentato da un simile fregio dorato sulla cintura della gonna.

Nella voce popolare tuttavia, la tradizione vuole che le donne di Polla vestissero alla greca.

In questo caso, in nostro aiuto arriva la testimonianza grecobizantina degli affreschi della cappella di Sant’Antonio de Aràta dedicata all’egiziano Padre dell’ascetismo. I colori degli abiti sono gli stessi della palette dell’abito pollese: il rosso cupo, il turchino e il giallo oro; e anche molti degli elementi dell’abito bizantino, come le maniche staccate e il mantello rettangolare, sembrano un collegamento diretto.

Attraversando il Medioevo in cui le miniature bizantine sembrano inviarci ulteriori segni di comunanza, arriviamo finalmente al Seicento e al Convento di Sant’Antonio di Polla, autentico scrigno di fede, di arte nonché di testimonianze degli antichi abiti.

Nei dipinti del siciliano Michele Ragolìa eseguiti nel 1666 per il soffitto della chiesa conventuale, la raffigurazione di Giuditta e Oloferne mostra l’eroina biblica che indossa una gonna rialzata sul davanti di colore turchino foderata di verde, simile in tutto a quella dell’abito ottocentesco.
E ancora, la Salomè nel Convito d’Erodíade indossa un abito turchino foderato d’azzurro, i cui spacchi posteriori lasciano intravedere la sottogonna di colore rosso, di nuovo rimandandoci immediatamente all’abito tradizionale.

Spostandoci nel Chiostro del Convento, nelle cinquecentesche Storie di San Francesco le donne vestono abiti interi con corsetti attillati e maniche di colore differente, grembiuli lunghi e hanno il capo coperto dall’inconfondibile tovaglia bianca.

Infine giungiamo al Settecento e alle gouaches de La raccolta di varii Vestimenti ed Arti del Regno di Napoli di Pietro Fabris, una serie di stampe basate sugli schizzi di due pittori napoletani, Antonio Berotti e Stefano Santucci, inviati nelle remote province del «trarre li disegni delle differenti fogge di vestire … dei sudditi di Sua Maestà». Raffigurazioni poco fedeli, ma di incredibile suggestione.

Altre fondamentali testimonianze sono date dalle fonti letterarie, fra cui va necessariamente menzionata la «Statistica» del Regno di Napoli nel 1811 di Domenico Demarco con la sua particolareggiata descrizione dell’abito pollese, unitamente alle testimonianze del pollese Giulio Cesare Galloppo e di molti altri viaggiatori, scrittori e scienziati a cavallo fra Otto e Novecento

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Curiosità

Un abito che fa la Storia

Come racconta Francesco Curcio Rubertini in Origini e vicende storiche di Polla nel Salernitano, in un’occasione ben particolare quest’abito divenne protagonista della Storia.

Quando in seguito alla proclamazione della Repubblica Napoletana, repubblica napoleonica instaurata del 1799 e durata solo qualche mese, l’esercito francese al comando del generale Giuseppe Schipani giunse nel Vallo di Diano, trovò forte opposizione da parte dei cittadini.

I Pollesi erano particolarmente agguerriti e, animati dal capitano di gendarmeria Gherardo Curcio, detto Sciarpa, si precipitarono al ponte di Campestrino, principale via di comunicazione per giungere nel Vallo e proseguire fino a Reggio, per impedire il passaggio alle truppe napoleoniche.

Furono seguiti in massa da tutta la popolazione, donne e uomini, recanti con sé la statua del protettore Sant’Antonio.

Il colpo d’occhio, fornito dalla posizione soprelevata occupata dai cittadini di Polla, fece sì che questo inconsueto esercito di gonnelle rosse attorno al «generale Sant’Antonio» apparisse come un’indistinta massa di militari borbonici, le cui divise erano caratterizzate dal medesimo colore, circondanti il loro condottiero.

I Francesi, spaventati da tale superiorità numerica e tattica, si ritirarono di buona lena.

È proprio il caso di dirlo: furono presi in giro da una gonnella.

E l’abito delle pacchjane salvò il Vallo dall’invasione francese!

La Raccolta

Raccolta di 13 abiti storici (rifacimenti risalenti ai primi anni Deumila) delle Antiche Vestiture Pollesi

Webinar

Formazione a distanza e on demand riguardo le Antiche Vestiture Pollesi e tradizioni, musicali, culinarie, di rilievo

Workshop

Formazione in presenza, per gruppi studenteschi o privati, riguardo le tradizioni Pollesi

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