MUSEO CIVICO INSTEIA POLLA

Abito femminile ottocentesco di gala/festivo

Il Catalogo degli Abiti riprodotti nel Museo

L’abito di gala corrisponde alla base a cui, con l’aggiunta di alcuni accessori, fra cui il velo rosso e il grembiule nuziale, si ottiene l’abito da sposa.

Era di fatti compito della suocera offrire l’abito di gala (e di conseguenza anche la sua versione da sposa) alla futura nuora, insieme al corredo di gioielli ed accessori metallici detto u cungiértu come segno di accoglienza nella nuova famiglia e come augurio di un sereno rapporto con la padrona di casa.

Veniva poi utilizzato per le cerimonie più importanti fra cui le nozze dei parenti, per assistere alle celebrazioni pubbliche, in particolare religiose, e, come già spesso indicato, per l’ultimo viaggio, per comparire al meglio dinanzi al «giudizio» di Dio, nnandi a u Signóru

Passiamo dunque alla rassegna degli elementi costitutivi questo costume, rimandando per i dettagli costruttivi dei singoli capi a L’abito tradizionale pollese – le fogge e gli elementi principali.

Abito femminile ottocentesco di gala/festivo
Immagine da "Il Costume delle Donne di Polla nel Vallo di Diano - vol. I"

Di mussola bianca nella sua configurazione più completa e decorata da innumerevoli ricami fra cui i famosi ricami a munnulécchji.
Era prestata grande attenzione a preservarne il candore ricorrendo a faticosi metodi tradizionali, fra cui il famoso lavaggio con la lisciva di cenere in uso per il bucato anche dalle nostre nonne fino all’avvento delle macchine lavabiancheria.
Particolare cura e vezzo era poi dedicato alla bombatura delle maniche, inamidate alla perfezione e riccamente decorate da ricami secondo il gusto personale.

In tela o mussola bianca o di altro tessuto di cotone dai colori pastello. Chiaramente non visibile in quanto appartenente alla biancheria intima.

Nei toni che dal rosso vanno al violaceo, passando per il paonazzo tessuto per lo più in raso di seta, oppure di castoro. Le maniche, dello stesso materiale e colore del corsetto e ricoprenti il solo gomito, sono ornate da trine o galloncini dorati e corredate dai famosi cambaniéddi d’argento, oro o argento dorato.

Di panno fine, solitamente castoro o kashmir come nella ricostruzione, rosso scuro oppure tendente al paonazzo, con le caratteristiche fitte pieghe «a soffietto», rifinita nella parte inferiore in azzurro e alla cintura in verde smeraldo.

Di castoro turchino, bordata inferiormente di gallone dorato, oppure di nastro rosso, paonazzo o violaceo dalla struttura perfettamente rispondente al taglio canonico che consentiva di rialzarla sul davanti e acconciare adeguatamente il tuppu di pieghe nella parte posteriore. Foderata di azzurro era sostenuta dalle bretelle.

Di seta nera, colore del lusso e della raffinatezza, per lo più damascata, lungo oltre il ginocchio, ampio e raccolto in vita da raggruppamenti di pieghe, dotato del cinturino con profilo a punta, annodato lateralmente a sinistra per non interferire con la parte posteriore dell’abito.

Di seta, con frangie, in tonalità chiare e vivide, solitamente cangianti, a preferenza in giallo oro, avorio, rosa, verde acqua, celeste. Poggiato ripiegato sulle spalle, fermato da uno spillone, era indossato con i lembi inseriti nella cintura della gonna e le frange ricadenti in evidenza.

Di taglio quadrato, in castoro marrone bordato di gallone dorato veniva indossato piegato a triangolo sovrapponendo le due metà sfalsate e posto sul capo o sulle spalle. Spesso veniva portato ripiegato più volte sul braccio destro.

Piegato a rettangolo, con eleganti iniziali ricamate in rosso secondo il cifrario delle ricamatrici (una M nel caso della ricostruzione) o in rosso e turchino, inserito in bell’evidenza sul risvolto della gonna rimboccata.