Indirizzo
Via S. Maria la Scala, 83
Polla (SA)
Telefono
+39 39 339 235 9972
Orari
dal Lunedì al Venerdì: 08:00 - 13:00
MUSEO CIVICO INSTEIA POLLA
Il Catalogo degli Abiti riprodotti nel Museo
Il lutto, insieme al matrimonio e alle celebrazioni familiari e religiose, è una di quelle occasioni in cui l’abito si prende l’onere di comunicare le fasi della vita.
La donna in nero viene trattata con rispetto e riverenza, consci del dolore che porta con sé.
A Polla, almeno nel Novecento, epoca a cui risalgono memorie più precise, e come un po’ in tutti i paesi del circondario e dell’area calabrolucana in genere, s’usava rispettare la vedovanza a vita a meno che necessità preminentemente economiche non raccomandassero nuove nozze. A una madre era consentito «spezzare» temporaneamente il lutto soltanto in occasione del matrimonio dei propri figli. Per i genitori e i fratelli si deponeva il lutto generalmente all’indomani della riesumazione della salma, dopo circa una dozzina d’anni, e si procedeva in proporzione per tutti gli altri gradi di parentela.
Non era frequente che si facesse confezionare un vestito appositamente, ma piú spesso si adattava quello quotidiano.
Il lutto, u nníuru , ‘il colore nero’, prescriveva che la donna sostituisse gli ornamenti di colore all’abito quotidiano con un nastro di velluto nero, e la rifinitura azzurra del «sottano» con una di tessuto scuro, nero o marrone. Gli elementi strutturali dell’abito, sottano, corpetto e maniche, rimanevano tuttavia in rosso, venivano di questi mutati solo gli ornamenti.
L’abito da lutto, le cui componenti di base erano comunque quelle del costume classico ottocentesco analizzate nel dettaglio in L’abito tradizionale pollese – le fogge e gli elementi principali era composto da:
Bianca con ornamenti essenziali, il cui il riccio di merletto dello scollo talvolta poteva avere un sottile orlo di cotone turchino o viola all’uncinetto. In tutto il territorio vigeva l’uso di sporcare il capo d’abbigliamento in terra, a mbrusciunàvanu ppi ndèrra, prima d’indossarlo, e di non cambiarlo per vari mesi, come forma di cordoglio che s’avvicinava a quelle penitenziali del monachesimo orientale.
Di cotone o di panno di lana casalinga rosso o paonazzo con le maniche del medesimo tessuto – ma talvolta di colore scuro, turchino o marrone, anche di taglio differente da quello tradizionale –, con rifinitura di vellutino nero, unite al busto da nastro di cotone o velluto nero. In ricostruzione sono in kashmir foderati di tela di cotone.
In lana rosso cupo, aveva la gala di velluto nero, ma poteva anche essere bordata di nastro di cotone nero. L’abito da lutto stretto mancava della gonna, la quale s’adoperava soltanto per le uscite formali che erano interdette alla donna in lutto.
In cotone nero.
Nero, con o senza frange e di tessuto possibilmente poco appariscente. In ricostruzione, in taffetà.
Di produzione industriale o casalinga, ottenuta da un quadrato di tessuto a cui veniva praticato un orlo, acconciato spesso con le cocche rimboccate lateralmente sul capo.
Di castoro marrone, bordato di regola di velluto nero, oppure anche di altra passamaneria, frange o merletto di cotone del medesimo colore, con o senza rifinitura di nastrino nero. il rettangolo messo a protezione dall’untuosità dei capelli era di tessuto nero o più spesso di cotonina a fondo nero con minuti motivi in grigio o bianco.
Veniva abitualmente tenuto stretto sotto il mento con la mano sinistra, lasciando scoperta solo una piccola parte del volto.
Infine, calze nere sostituivano le tradizionali calze bianche.